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Un generatore elettrochimico è un dispositivo in grado di generare una tensione elettrica grazie all’energia chimica immagazzinata nelle sostanze contenute al suo interno. Se collegato ad un circuito elettrico un generatore elettrochimico può dunque generare una corrente elettrica e permettere di conseguenza il funzionamento di tante apparecchiature elettriche che incontriamo frequentemente nella nostra vita quotidiana. Pile, batterie, accumulatori sono tre esempi di generatori elettrochimici.
L’energia che possiamo immagazzinare all’interno di un generatore elettrochimico può permetterci di far funzionare dispositivi di piccole dimensioni, come un avvitatore, un trapano, un drone, ma anche apparecchiature di dimensioni maggiori, come automobili e persino enormi navi.
Esistono moltissimi tipi di generatori elettrochimici. Prendiamo in considerazione una pila di formato “mezza torcia” di tipo “zinco/carbone”: le sostanze chimiche scelte per realizzarla sono numerose. Un metallo, lo zinco, tende a cedere elettroni ed un altro, il manganese, tende a riceverne.
Anche se il manganese è presente anche nella zona colorata di rosa e quindi può trovarsi a contatto con lo zinco, gli scambi diretti di elettroni all’interno della pila avvengono molto lentamente. Invece c’è una forte tendenza degli elettroni a circolare dal polo negativo attraverso un circuito esterno fino a giungere al polo positivo. Questa tendenza è una grandezza fisica che può essere definita e misurata, si chiama tensione elettrica e si misura in volt (V). Per ogni elettrone che se ne va dal polo negativo, all’interno della pila avviene una reazione chimica e così per ogni elettrone che giunge al polo positivo. Questa circolazione di elettroni attraverso un percorso chiuso (circuito) è detta corrente elettrica. Il termine “pila” deriva dal primo generatore elettrochimico inventato nella storia, la “pila” che lo scienziato italiano Alessandro Volta inventò nel 1799: si trattava di un generatore elettrochimico in grado di generare una tensione elettrica di circa una decina di volt, realizzato accatastando uno sopra l’altro numerosi dischi metallici di zinco e di rame, alternati tra loro e separati da un disco di cartone imbevuto di acqua salata, a formare letteralmente una “pila” di elementi metallici.
Anche in questo caso gli elettroni “aspettano” che i due estremi dell’apparecchiatura siano collegati tra loro, anzi la sovrapposizione di più elementi non fa che aumentare una tendenza degli elettroni a correre, una specie di attesa, come se gli elettroni fossero dei corridori ansiosi di gareggiare: la tensione elettrica. La tensione totale di tanti elementi (disco di zinco + disco di cartone bagnato + disco di rame) ripetuti e sovrapposti è data dalla somma della tensione di ogni singolo elemento.
Il termine “batteria”, invece, indica più generatori elettrochimici uguali collegati in serie tra di loro. Molte batterie, per esempio, sono costituite da un certo numero di pile uguali collegate in serie tra di loro, come la batteria del mio avvitatore o come questa batteria da 4,5 V.
Negli schemi elettrici il simbolo di un generatore elettrochimico è rappresentato con due trattini verticali di spessore e lunghezza diverse (ad indicare le differenti sostanze chimiche necessarie a creare un polo negativo ed uno positivo), il trattino corto indica il polo negativo, quello lungo indica il polo positivo. Più generatori elettrochimici collegati in serie si indicano con più simboli ripetuti in successione.
Un accumulatore è un generatore elettrochimico in grado di essere ricaricato: sono accumulatori la batteria di un’automobile, una pila ricaricabile, la batteria di un cellulare, ecc.
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