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20/11/2017 Tra la fine di settembre 2017 ed i primi giorni di ottobre i sistemi di monitoraggio della radioattività ambientale di numerosi paesi, tra i quali anche l’Italia, hanno rilevato la presenza nell’aria di livelli anomali di un radioisotopo abbastanza particolare, il rutenio-106. Anticipo subito che in Italia il rischio per la salute è stato bassissimo (il rischio zero dal punto di vista radiologico non esiste nemmeno nei pochi luoghi del pianeta dove l’uomo non ha mai messo piede) e che non c’è stata nessuna contaminazione del cibo sul suolo italiano, inoltre le autorità ritengono improbabile che ci siano state importazioni di cibi contaminati. Fatta questa doverosa premessa, ritengo però che quello che è successo meriti comunque una profonda riflessione. Anche se scrivo queste righe in un sito specializzato in radioprotezione cercherò di entrare il meno possibile in dettagli e di dare il minor numero possibile di riferimenti bibliografici per evitare che questa mia riflessione possa fornire indicazioni a qualche malintenzionato. Dopo che i laboratori di tutta Europa avevano fatto le loro analisi, il 9 novembre 2017 in Francia l’Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare IRSN ha emanato un comunicato dettagliatissimo sulla vicenda, in cui si illustravano calcoli e simulazioni per cercare di risalire al luogo in cui ha avuto origine la contaminazione e la diffusione nel raggio di migliaia di kilometri di questa particolare sostanza radioattiva. Una parte di questo comunicato, cioè una carta geografica che indica la probabilità che l’incidente sia avvenuto in una determinata zona, è stata ripresa da numerosi giornali, televisioni e siti internet. Io ne ho fatto un’elaborazione che permette di visualizzare con maggior chiarezza i confini delle varie nazioni e che riporto qui di seguito:
Secondo le ricostruzioni dell’IRSN il luogo in cui ha avuto origine il rilascio si troverebbe in una zona compresa tra il Volga e gli Urali ma non è possibile indicare con precisione il punto preciso, inoltre la quantità di rutenio-106 fuoriuscita sarebbe davvero notevole, stimata tra i 100 ed i 300 TeraBecquerels. Nonostante questo i Russi, che nei giorni precedenti avevano negato l’esistenza della nube, continuano a smentire. Solo il 21 novembre l’Agenzia federale russa Roshydromet ha comunicato di avere rilevato nella zona degli urali meridionali, al confine con il Kazakistan, alti livelli di rutenio-106. Tutti questi elementi dovrebbero far riflettere sulle differenze tra democrazie e oligarchie o regimi autoritari anche per quanto riguarda la trasparenza e la serietà con cui si gestiscono incidenti di questo tipo. A coloro che sono ossessionati dal decisionismo e rimpiangono di non avere nei nostri paesi leadership solide che non devono mai trovarsi di fronte all’imbarazzo di elezioni politiche con esiti incerti, parlamenti frammentati ma anche vincoli ambientali stringenti, controlli efficienti ecc. faccio notare che se un incidente del genere fosse successo da noi, tutti sarebbero stati informati subito dell’accaduto e si sarebbe potuto risalire al luogo preciso, inoltre si sarebbe tutelata la popolazione applicando la normativa che dà disposizioni precise a riguardo. Infatti, come riporta il rapporto dell’IRSN, se in Europa occidentale il rischio radiologico in seguito all’evento è stato irrilevante, è invece ragionevole ipotizzare che la permanenza nella zona compresa in un raggio di 5 kilometri dal luogo dell’avvenuto rilascio possa comportare dosi di svariate decine di milliSievert.
Ancora oggi, finché non emergono ulteriori informazioni, non siamo in grado di localizzare esattamente questo luogo, può darsi che l’incidente sia avvenuto in territorio russo, oppure nel Kazakistan, paese anch’esso in cui libertà di informazione e democrazia non godono di ottima salute (ricordate il caso della signora Shalabayeva che aveva cercato rifugio in Italia?). La mappa diffusa dall’IRSN fa sorgere molti sospetti sull’impianto nucleare di Mayak, specializzato nella produzione e riprocessamento di combustibile nucleare e considerato uno dei siti più contaminati del mondo, ma il fatto che la nube radioattiva rilevata contenga solo rutenio-106 e nessun altro radioisotopo porta a pensare che l’incidente sia avvenuto altrove. Un’altra ipotesi che è stata fatta è che possa essere precipitato un satellite, dal momento che viene utilizzato anche il rutenio-106 per alimentare le apparecchiature più moderne, decisamente preferibile al plutonio-238 ancora contenuto in rottami in orbita da tanti anni, qualcuno dei quali ricadrà a terra. Ma varie agenzie spaziali hanno smentito che in questi giorni ci siano stati lanci finiti male o apparecchiature precipitate.
Io credo che per risalire alla causa di questo evento si debba tornare a riflettere di diritti e di libertà: gli abusi di potere sistematicamente ricorrenti in Russia, Kazakistan e nei paesi confinanti hanno come conseguenza anche l’abbandono e l’incuria in cui versano centrali nucleari, laboratori e impianti delicati e sensibili, mettendo a rischio la sicurezza di tutti, anche la nostra. D’altronde se questi politici non devono rendere conto a nessuno del loro operato, chi glielo fa fare di impostare un sistema di radioprotezione serio e moderno? A titolo di esempio segnalo il fatto allarmante che in Russia ed in tutte le altre nazioni che un tempo facevano parte dell’ex-Unione Sovietica giacciono abbandonati nei boschi migliaia di dispositivi di ogni sorta contenenti sorgenti radioattive di attività elevatissima, con incidenti anche mortali verificatisi in passato e studiati dalla letteratura scientifica.
Resta comunque il mistero sull’origine della nube radioattiva di rutenio-106, soprattutto se l’attività rilasciata ammonta davvero a centinaia di TeraBecquerels, in quanto non è frequente avere a che fare con simili quantità di questa insolita sostanza, che tra l’altro decade in un tempo non eccessivamente lungo (il tempo di dimezzamento è pari a 373,6 giorni). Se l’incidente è avvenuto in un laboratorio specializzato nella lavorazione del rutenio-106, allora è stato fatto volutamente passare sotto silenzio e volutamente non si è evacuata l’area circostante, lasciando la popolazione ignara.
Se ancora oggi, di fronte a situazioni di questo tipo, continuano ad esserci persone che preferiscono i vantaggi dei regimi autoritari al difficile compito di cercare l’equilibrio dei poteri e di mantenere istituzioni che tutelino l’interesse di tutti, forse la causa è da ricercarsi anche nel fatto che nei regimi autoritari è possibile manipolare a proprio comodo la verità e a volte si riesce a farlo così bene che all’estero, magari, neanche se ne accorgono.